I film di Carpenter mi fanno puntualmnete cagare, ma devo ammettere che dietro c’è quasi sempre un’idea interessante. Prendo spunto dal titolo di uno di questi e dalla cronaca nera delle ultime settimane (un po’ offuscata dalle primarie USA e dai terremoti politici nostrani), per fare qualche considerazione sulle sparatorie insensate nelle scuole e nei centri commerciali statunitensi e i nostrani orrori uxoro-fratri-patri-cidi. In sostanza le vicende che vanno dalla Virginia Tech, a Columbine,a Fresno da un lato e dall’altro esplorano tutto il repertorio del macabro museo degli orrori di Porta a Porta.cronaca nera, quella psicopatologica dello stragista della domenica o del serial killer, mi ha sempre interessato poco. La spettacolarizzazione che se ne fa mi lascia indifferente, il dato mediatico reiterato milioni di volte che ci siano dei folli omicidi intorno a noi si scontra con la percezione delle persone che ho frequentato e conosciuto e che anche qualora violente, mai hanno raggiunto quella violenza. Mi fido di piu’ del mio vissuto, un dato cioè estremamente particolare ma tangibile e reale, rispetto all’enfatizzazione mediatica che abbraccia comunque un caso eclatante scelto tra milioni di casi normali o non-casi. A parte la morbosità e l’efferatezza della storia in sè, Cogne non mi dà alcuna informazione sulla società in cui vivo, non quanto me ne darebbe una statistica o un’analisi ragionata del fenomeno su un campione significativo di dati reali. Non essendo un morboso né un sadico quindi, di solito non seguo la cronaca di questo genere. Non so’ chi sia l’avvocato della Franzoni, non so chi sia l’assassino, nel mio mondo uno zoccolo e un mestolo servono a camminarci o a girare il brodo. Pero’adesso vorrei cominciare a capirci qualcosa in piu’, non del singolo caso, quanto del fenomeno che li raggruppa: se un tale fenomeno esiste.
Se il fenomeno esiste è interessante notare come negli USA l’obbiettivo del mitomane omicida è spesso la propria comunità, intesa come comunità fuori dalla famiglia, nel caso della scuola e dell’Università sinonimo anche dell’autorità: dunque dello Stato. Negli USA inoltre, forse per la reperibilità di armi troppo distruttive perchè sia sensato venderle ad un privato cittadino, si uccide in modo indiscriminato coloro che si conoscono appena. In Italia le tragedie di follia efferata e insensata, notatelo, sono piu’ mirate e quasi tutte interne alla famiglia o strettamente limitrofe ad essa: Jessica e Omar, Maso, Caretta, (presumibilmente) Cogne, si colpiscono spesso parenti, fratelli, figli e fidanzate varie.
Possibile che la pressione psicologica, la frustrazione nevrotizzante, siano peggiori negli USA per quel che riguarda la comunità e l’autorità e piu’ forti in Italia per lo stretto ambito familiare? Che vi sia qualcosa di patologico nel rapporto tra l’italiano e la mamma cui è tanto legato? O tra l’americano che dice sempre My Country, My Flag e Our Way Of Life e la sua amatissima nazione?
Io non lo so’ ma non mi fido di cio’ che dice di sé la gente: anzi spesso il conformismo indotto e violento che ti porta ad amare qualcosa perchè devi amarla e non perchè l’ami davvero, crea dei meccanismi perversi nell’accumulazione dell’odio e del rancore. Questo conformismo totalitario è indotto, talvolta inconsapevolmente, proprio da quelle istituzioni (la famiglia è anche un’istituzione) che vogliono a tutti i costi essere amate e che basano su tale pressione il meccanismo “accettazione/senso di colpa”.
Se la repressione genera ribelli, il senso di colpa genera nevrotici.
E’ così assurdo pensare che un adolescente americano tragga dall’ambiente competitivo, pieno di aspettative e di modelli vincenti e patinati (cui spesso non puo’ aderire) una pressione maggiore rispetto ad un suo coetaneo europeo? E che lo stesso si possa dire di un italiano davanti alle aspettative (piu’ affettive che sociali in questo caso ) della propria famiglia/famiglia allargata?
Una pressione è una pressione , perchè dovrebbe stupire che qualcuno ci resti schiacciato sotto?
Parecchi mesi fa I&I si domandava se l’esplodere dei delitti efferati di nera in televisione e sui media in generale avesse alla radice un aumento reale di questi crimini o se fosse soprattutto dovuto alla maggiore visibilità mediatica di qualcosa che c’è sempre stato. Nei commenti propendevo piu’ per la seconda ipotesi con l’aggiunta di un fenomeno imitativo che, a causa questo sì della morbosità mediatica, potesse portare frustrati patologici, maniaci ossessivi o deboli di mente ad un’azione irrazionale violenta per emulazione. In realtà la mia posizione è “a naso”, ma non ho dati e comincio a pensare che forse sarebbe utile averne.
Il materiale che emerge dalla grancassa mediatica è troppo spesso strumentalizzato in modo da renderne la percezione del tutto distorta. Michael Moore nel suo “Bowling for Columbine” puntava il dito contro la violenza in TV additandola come causa del fenomeno, in realtà sarebbe già molto capire quanto questa sia in grado di alterarne la percezione. Se il metro che si usa per le morti bianche cioè il breve servizio, il trafiletto, la statistica generalizzata il primo maggo o più spesso il silenzio puro e semplice, fosse stato applicato ai vari Cogne, Novi Ligure o Garlasco la nostra percezione sui fenomeni di criminalità psicopatologica ed efferata sarebbero nettamente diversi(*). D’altra parte il fatto che i media pongano un risalto eccessivo e stomachevole su fatti che potrebbero essere statisticamente marginali, non vuol dire che siano davvero “statisticamente marginali”. Così tramite l’infoteinment abbiamo la casa invasa tutti giorni da morti truculente e insensate e non sappiamo se questo fenomeno sia rilevante, sia recente e sia o meno in crescita. La rilevanza di questo tipo di analisi, attenzione, va oltre la casistica criminologica del fenomeno in sé.
Mi spiego.
Poniamo che nel decennio X casi come questi siano quattro o cinque e nel decennio successivo siano alcune decine: il dato resta statisticamente e criminologicamente marginale in quanto i morti per rapina, mafia e pirateria stradale resterannoo sempre di un ordine di grandezza superiore. Tuttavia nel passaggio da pochi casi ad alcune decine probabilmente qualcosa nella società è cambiato, qualcosa che tocca TUTTI e porta soltanto alcune decine a reagire a questo cambiamento in maniera e psicopatologica. Per fare un parallelo se si somministra un farmaco nocivo ad una comunità i piu’ vecchi, malati e già immunitariamente indeboliti moriranno generando un caso eclatante (nel parallelo i folli di Cogne, Novi etc…), tuttavia ad accusare dei disturbi e a cambiare i valori della propria cartella clinica, senza arrivare al decesso e senza che se ne accorgano neppure, saranno stati TUTTI quelli che avranno assunto il farmaco (nel parallelo io, voi, noi tutti).
Ecco cosa mi spaventa: non tanto il singolo caso eclatante e patologico dove la distruzione del quadro psicologico antecedente porta alla strage e al gesto insensato, mi spaventa di piu’ quel piccolo germe, quell’intolleranza, quelle piccole frustrazioni, quegli scatti d’ira ugualmente irrazionali che a causa dello stesso male sociale, forse rendono peggiore ognuno di noi un poco alla volta, portandoci a nuovi livelli di infelicità e di conflittualità reciproca. Quella degenerazione umana lenta e sistematica, piu’ blanda e normalizzata ma non meno pericolosa, che non ci porterà a diventare dei “mostri” nel senso di Cogne o della Virginia Tech, e che tuttavia potrebbe renderci gradatamente più mostruosi di quanto non siamo già.
Bisognerebbe dicevo poter disporre di dati possibilmente tali da permettere riscontri coi decenni passati, per capire se il fenomeno, fatte le debite proporzioni demografiche e tecnologiche(**), è stabile da secoli o se invece siamo davanti a un male recente le cui cause andrebbero indagate con attenzione. Probabilmente nelle facoltà di criminologia già lo fanno. Alla TV nel frattempo, pur non parlando d’altro, nessuno si preoccupa dell’unico dato che sembrerebbe davvero interessante.
(*) E’ di pochi mesi fa la statistica, impugnata dal governo secondo cui in Italia i reati diminuiscono, ma la percezione dei cittadini è di essere meno sicuri.
(**) Sia mediatiche che delle armi di cui il folle effettivamente può disporre.