La guerra, la bomba e noi.

All’interno di un confronto tra blocchi in cui si erano saltati gli equilibri della Guerra Fredda, nel 2014 è scoppiata una tragica guerra civile a seguito di una protesta rovesciatasi in colpo di stato (1).
Ben 8 anni di guerra e 15000 morti (2) che i nostri media non hanno raccontato se non di rado e solo per mistificarne le cause e le ragioni, supportando un governo ultranazionalista pesantemente compromesso con forze naziste e revisioniste (3). Gruppi paramilitari neonazisti si sono macchiati di eccidi impuniti (4), malgrado questo non sono stati perseguiti, anzi, sono stati integrati nell’esercito regolare, liberi di agire anche con modalità terroristiche. Le forze politiche europee e il governo statunitense, senza distinzione di colore hanno appoggiato tutto questo alla luce del sole, coperti dai media.

Gli insorti separatisti hanno resistito ad una terribile guerra di logoramento (5) grazie alla loro determinazione e perché protetti militarmente dall’enorme esercito oltre il confine russo.
Oggi quell’enorme esercito si è rovesciato sull’Ucraina generando una guerra su larga scala che sta causando altri morti, altra distruzione, violando leggi internazionali che, come vediamo ormai in ogni conflitto, non contano nulla.
L’obbiettivo dell’invasore è principalmente ristabilire l’equilibrio geopolitico perduto con la dissoluzione dell’URSS. Per giustificare queste ragioni geopolitiche o inter-imperialistiche o di sicurezza nazionale, fate voi, strumentalizza temi condivisibili come la “denazificazione” e le sorti dei territori insorti, e temi aberranti come lo sciovinismo e il neo-zarismo panrusso. Il leader russo è un uomo spietato, autoritario e incline all’uso della forza in politica interna ed esterna (ma non da oggi, dai tempi della guerra in Cecenia), non è però mai stato pazzo, nel senso patologico del termine. Le logiche che lo muovono sono ben note ai suoi nemici occidentali che comprendono e condividono perfettamente la grammatica delle sue mosse, perché è la loro stessa speculare politica di potenza. Le differenze stanno nei rapporti di forza militari, finanziari e nell’uso estremamente più sofisticato e scientifico, che hanno sviluppato nel dominio della comunicazione. Grazie a tale sbilanciamento un blocco ha messo nell’angolo l’altro, giungendo a un disequilibrio quasi totale.

Quasi però, perché la presenza di 12000 testate atomiche negli arsenali russi non permette un colpo di grazia  come quello che portò in passato all’annichilimento totale o decennale di altri avversari. Non c’è un Hitler da sgominare militarmente, non c’è un Gorbaciov che si lascia travolgere senza opporre resistenza. La guerra attuale, terribile quanto le altre guerre, altrettanto ingiusta e altrettanto evitabile, andrebbe disinnescata al più presto, evitando il passo successivo dell’escalation ucraina: locale -> nazionale -> globale.

Perché l’ultimo passo, quello che non vogliamo neppure nominare, discende immediatamente dalla guerra globale ed ha un nome che rappresenta di per se una minaccia diretta non per questo o quel paese ma per la specie umana. Il suo nome è termonucleare. 

Abbiamo finto di dimenticare questo nome, come si fa coi nomi dei mostri che ci spaventavano da bambini, ma stavolta nell’armadio non si nascondono soltanto innocui vestiti e nella stanza accanto non ci sono i nostri genitori pronti a rassicurarci e ad accendere la luce.

Dobbiamo prenderci la responsabilità del nostro futuro, perché ve ne sia ancora uno degno di essere vissuto. Ma se le forze geopolitiche e statuali che possono fermare questa traiettoria verso il disastro sono le stesse che l’hanno generata, chi potrà mai opporsi per tempo?

Venti anni fa nutrivo fiducia nell’opinione pubblica mondiale, specie occidentale, già indolente certo, ma capace di riconoscere i propri interessi più elementari, quali la pace, la sopravvivenza, la prosperità, quando non gli interessi degli altri popoli.

Oggi in questa opinione pubblica non nutro più alcuna fiducia e gli eventi di questi giorni hanno confermato questa mia strisciante consapevolezza oltre ogni più cupa immaginazione. Laddove doveva esserci solidarietà fattiva e doverosa verso i civili ucraini, la condanna sacrosanta dello strumento militare e uno strenuo tentativo di comprendere cosa fosse accaduto nei trent’anni precedenti e negli ultimi 8 in particolare per arrivare a questo punto, si sta assistendo all’inimmaginabile.

L’inutile retorica del dittatore pazzo, quando il rifiuto inderogabile dell’allargamento ad est della NATO è stato dichiarato come limite invalicabile dai sovietici, da Gorbaciov e perfino da Eltsin prima che da Putin, come le segreterie occidentali sanno benissimo (6).

La rimozione di qualunque complessità e di qualunque ragionamento sulle cause, nemmeno che la questione ucraina fosse nata nel febbraio del 22. E ancora la derubricazione della componente nazista a pura propaganda del nemico, la divisione dei profughi per etnia, l’invio di armi a una delle parti in causa in barba a Costituzioni pacifiste scritte col sangue dei nostri nonni che ben hanno conosciuto l’orrore della guerra e in quelle pagine hanno lasciato il loro monito dimenticato, l’accusa di intelligenza col nemico a chiunque sollevasse il minimo dubbio sulla semplificazione dolosa imposta dall’alto.

La militarizzazione del dibattito, l’ostracismo, cioè la discriminazione, verso artisti e atleti sulla base del luogo in cui sono nati, una discriminazione talmente ottusa da colpire retroattivamente per riflesso condizionato perfino autori morti da tempo e che hanno contribuito alla formazione della coscienza critica di intere generazioni, patrimonio secolare dei popoli. Abbiamo visto nazioni che pensavamo civili discutere se atleti disabili, fossero degni  di cimentarsi nelle rispettive discipline perché dotati del passaporto sbagliato(7). Dimenticando che nel ’36 venne permesso ai nazisti di organizzare le olimpiadi sfruttandole per la loro infame propaganda. Discutiamo se negare ai disabili quel che, in nome dell’amicizia tra i popoli concedemmo di strumentalizzare a chi li sterminava e li giudicava indegni di vivere. A questo ci siamo ridotti. A questo sono le ridotte le nostre democrazie e la loro presunta superiorità morale la cui maschera di cartone non cade più soltanto assieme a bombe umanitarie su paesi lontani ma qui, in casa nostra, tra un proclama progressista e l’altro, tra una condanna senza scampo alla barbarie altrui e un elogio vuoto alle nostre fragili libertà.

Rari giornalisti, analisti, intellettuali, sempre più soli, raccolgono discredito per non essersi piegati  immediatamente a questa assurda deriva, e prima di pronunciare qualche parola critica devono cimentarsi in lunghe premesse, abiure preventive, annosi distinguo che si rivelano inutili. E’ una forma di paura subdola e io, che non conto nulla ma scrivo, me la sento addosso e non ho il tempo di elaborarla, travolto come tutti dalle ondate d’opinione dei social che distruggono ogni dialettica, nei tempi disumani dei social che annichiliscono ogni confronto ragionato basato sull’ascolto delle ragioni dell’altro.

In questo contesto l’opinione pubblica mondiale e occidentale in particolare non è più un argine, rappresenta anzi un fattore di accelerazione alla  terribile catena di eventi che ci sta travolgendo.
Davanti a una guerra vasta e vicina, terribilmente pericolosa, ci siamo astenuti dall’indagarne le cause e le possibili soluzioni nell’ottica di salvaguardare i civili ucraini di oggi e di domani e in definitiva noi stessi, abbiamo deciso di appiattire le nostre posizioni sulla concezione della componente minoritaria, nazista e sciovinista, che i nostri politici hanno lasciato agire in quei territori. I nostri politici che oggi parlano di un’opportunità per costruire l’Europa politica intorno al riarmo, descrivono la pace come un “lusso”, soffiano sul fuoco. E su che basi potrà nascere questa Europa non più soltanto finanziaria se non basi sciovinistiche e belliche? E perché mai dovrebbe essere desiderabile?

Tutto questo non può essere accaduto in una settimana, né in otto anni e forse nemmeno in 30, è maturato attraverso un tempo lunghissimo e oggi si manifesta con una violenza inaudita che sembra impossibile non vedere chiaramente o, perlomeno, sentire in forma di crescente e indistinta inquietudine.

Non è forse questo il tempo dei social per chi cerca di analizzare davvero quanto sta succedendo, è il tempo del ritorno alle letture lente, alle letture nuove e alle riletture. Tra di esse, nel mio caso, una profezia laica che mi sembra risuonare ovunque, oggi so cosa sono la “mutazione antropologica” e il “nuovo fascismo” di cui parlava Pier Paolo Pasolini.


Note, fonti e riferimenti (parziali, in via di completamento):

(1) Qui un ottimo pezzo di Tommaso Di Francesco che raccontava per Il Manifesto, già nel 2014, protagonisti ed eventi di quei giorni:  https://ilmanifesto.it/triste-carnevale/

(2) Nel gennaio del 2019 L’ONU stima in 13000 le vittime del conflitto, tra belligeranti e civili, oggi a 3 anni di distanza 15000 è un dato che possiamo definire conservativo:  https://lepersoneeladignita.corriere.it/2019/01/22/lonu-in-ucraina-13mila-morti-per-la-guerra-del-donbass/

(3) Si vedano i rapporti tra Avakov, Ministro Ucraino sottto 3 diversi governi tra il 2014 e il 2021 e il battaglione Azov: https://www.editorialedomani.it/politica/ucraina-russia-guerra-battaglione-azov-mariupol-qvqdjqu3

(4) Il più eclatante è la strage di Odessa del 2014, alcuni articoli dell’epoca dopo il silenzio iniziale dei nostri media.

https://www.panorama.it/news/strage-odessa-ucraina

https://www.huffingtonpost.it/daniele-scalea/strage-odessa-censura_b_5262168.html

Abbiamo scelto link ad articoli dove le immagini di corpi mutilati, persone bruciate e donne stuprate non vengono proposte, ma sono tuttavia reperibili in rete.

(5) Questo è un servizio televisivo del 2016 girato tra le trincee del Donbass è del tutto evidente che seppur presumibilmente riforniti dalla russia i belligeranti fossero perlopiù miliziani locali con mezzi limitati e, di certo non l’esercito professionale russo che stiamo vedendo all’opera in questi giorni:  https://www.youtube.com/watch?v=FILjcuo0zGU&t=467s

(6) Innumerevoli analisti geopolitici occidentali come Mearsheimer, ex-uomini di assoluto potere come Kissinger, ex-direttori della CIA, ambasciatori, oltre a intellettuali come Chomsky avevano ammonito per anni gli USA contro il tentativo o la minaccia di un’ulteriore estensione ad est della NATO, con particolare riferimento all’Ucraina:
https://threadreaderapp.com/thread/1498491107902062592.html

(7) https://www.cbc.ca/sports/paralympics/canadian-paralympic-committee-russia-sanctions-ipc-1.6368447

1 thoughts on “La guerra, la bomba e noi.

  1. Daniele Tronato ha detto:

    Gira che ti rigira, la colpa è del nazista Zelensky e di quei cattivoni degli ucraini che, nel Donbass, reagivano ai gruppi terroristi-secessionisti-paramilitari foraggiati e armati dai russi! Ricorda molto la storia di Milosevic che, con la scusa di proteggere la minoranza serba del Kosovo (regione serba a maggioranza albanese), scatenò ciò che tutti sappiamo.
    Studiare pareva brutto?

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