“Fight Club” e il malessere di una generazione.

FIGHT CLUB. Preparavo un post su ozia che parlasse del libro “Fight Club” di Chuck Palahniuk e del film che ne hanno tratto. Le mie riflessioni sono deragliate in un post troppo lungo, che non parla di libri, più adatto a questo blog. Le riflessioni che seguono sono influenzate dalle immagini evocate da questo post di Stavroghin e da questo di Lilith. Infine, se davanti al film o al libro vi siete indignati per la violenza del “Fight Club” in quanto tale smettete di leggere credo questo post non v’interessi. Basta preamboli quello che segue, banale o no, è quanto mi andava di scrivere.


Il romanzo di Palahniuk (1996) splendidamente riadattato da Fincher (1999) è, tra quelle che conosco, l’opera che più di ogni altra coglie il connubio tra l’estetica di questa generazione e il suo malessere. Parlo della radicalità delle immagini che campeggiano sul vuoto esistenziale, del sottile e disilluso sarcasmo, della rappresentazione sistematica della  distruzione degli oggetti primo fra tutti il corpo umano, delle atmosfere in cui risalta il contrasto tra una dimensione interiore con le sue fosche tonalità dark, l’esteriorità mediatica sgargiante e patinata e la grigia ordinarietà del quotidiano. Quella da cui nasce Fight Club è creatività nata nel consumismo e dal consumismo che prima di tutto si rivolge verso di esso e contro di esso, contro il prodotto e la sua accezione più indistinta e soffocante: la merce.

Nella merce anneghiamo, della merce non sappiamo fare ameno.

La dialettica con la quale si interagisce con noi è di tipo negoziale e il lessico che ci definisce appartiene al vocabolario del commercio. Il nostro lavoro è un mercato, la nostra professionalità e la nostra immagine  vanno vendute, i nostri modelli esteticamente irraggiungibili ed emotivamente posticci, veicolano prodotti e non idee, siamo chiamati ad essere imprenditori di noi stessi, per la nostra azienda siamo risorse umane, le nostre aspirazioni si devono esaurire nell’edonismo del consumo e per raggiungerle dobbiamo essere veloci, flessibili, pronti ad adattare la nostra offerta a qualsiasi domanda si produca nella società.


Merce, troppo spesso, è quel che finiamo per sentirci.

Viviamo in una società mercantile avanzata e visiva e con essa dobbiamo confrontarci, nel conformismo o nella ribellione, poco cambia. Deposto il bastone veniamo spronati da carote sempre più grandi e colorate è vero, ma si continua a trattarci da asini. Lontani dagli stenti vissuti dalle generazioni precedenti che ci vengono perennemente rinfacciati, lontani dalle lotte di cui soltanto alcuni di essi furono protagonisti e di cui tutti immancabilmente finiscono per appropriarsi, siamo abituati ad essere trattati da bambini senza più esserlo da un pezzo. Dell’infanzia  però  manteniamo il velleitarismo della  dimensione ludica, consapevoli che  nessuna nostra azione produrrà reali cambiamenti fuori dalla strettissima sfera del privato.


Viviamo in perenne ricerca di autenticità, pur non essendo per questo meno autentici individualmente. Non siamo cittadini ne parìa, non siamo uomini liberi ne schiavi: siamo consumatori e il consumo è un’attività da espletarsi singolarmente. Una massa sì, ma non una rete(*), una massa senza collegamenti interni collegata all’unico HUB dei centri di produzione delle merci, dell’informazione, della pubblicità e della propaganda.


Non possiamo scegliere di essere radicalmente contro a meno di accettare un ruolo luciferino, perché sappiamo di vivere in un paradiso: il paradiso dei beni. Non possiamo essere radicalmente a favore perché è palese che questo paradiso è fatto di plastica.


Non possiamo essere rivoluzionari perché l’ultima delle barcollanti rivoluzioni sociali fallì prima che nascessimo. L’unica rivoluzione che ci è stata concessa è quella individuale, quella esteriore continua e insaziabile del look e quella interiore dell’automiglioramento veicolata dai fenomeni new age degli anni novanta. Di quest’ultima restano la rapidissima e immancabile commercializzazione, la mania per l’esotico, le farneticazioni spiritualistiche del nirvana a buon mercato (**) e quelle superomistiche di chi viaggia in astrale il giovedì pomeriggio(***).


Fight Club rinnega tra le altre cose l’automiglioramento e con esso la pseudo-rivoluzione new age cogliendone il declino per tempo.


Sia nel finale laconico e sfumato del libro, sia in quello spettacolare e romantico del film si consuma l’attesa dell’Apocalisse: in un caso quella individuale ed interiore nell’altro quella sociale e fisica. Viviamo nella consapevolezza inconscia che il paradiso che ci contiene, ci da un tetto, ci soffoca e talvolta ci appaga; crollerà.


Mentre vediamo le crepe nei muri allargarsi, nei nostri sogni e nella nostra arte quasi ci auguriamo il disastro pur non sapendo provocarlo.

Perché dopo il crollo dalla cui responsabilità fuggiamo, vi è una ricostruzione che in cuor nostro non vediamo l’ora di mettere in atto.

Nel malessere di una generazione c’è la necessità di una sfida che ci veda in gioco come esseri umani, qualunque cosa voglia dire, e non come consumatori.

Di questo parla Fight Club e qui stanno la sua attualità, ad oltre dieci anni dalla prima pubblicazione, e la sua grandezza.


(*) Questo è il cambiamento più decisivo rispetto a quando il libro venne scritto. Oggi molti di noi sono in rete tra loro: questa rete. Difficile volendo immaginare una possibilità di riscatto e che non passi in qualche modo da qui. L’undici settembre, in questo contesto, non è un cambiamento è soltanto l’ennesima crepa sul muro.

(**) Non s’offenda nessuno, parlo della maggioranza.

(***) Mi riferisco più alla Marvel che a Nietzsche, più all’orribile libro di Redfield che al meraviglioso Zarathustra: forse quanto di peggio e quanto di meglio m’è capitato di leggere.

34 thoughts on ““Fight Club” e il malessere di una generazione.

  1. uthertepes ha detto:

    Credo che per approfondire l’argomento sarebbe opportuno andare a leggere anche il “Manifesto” dell’omonimo dei presidenti polacchi….

  2. prion ha detto:

    “…Nella merce anneghiamo, della merce non sappiamo fare ameno..”
    Jack devo dire che all’inizio avevo capito parlassi di un altro tipo di “merce” ;)

  3. crystalbeach ha detto:

    Credo che mai come questa volta tu abbia colto nel segno. Questo è esattemente il mio pensiero, per questo adoro questo libro e amo il film. Adoro è una parola troppo grossa per me, diciamo che è per questo che questo libro merita più di una lettura. Così come gli altri libri scritti da Chuck. Non tutti strepitosi come questo ma che in un certo senso seguono lo stesso percorso. Io credo che non sia la molta violenza che ci viene raccontata a scandalizzare ma più probabilmente il contenuto che in essa ci viene rappresentato. Il senso di vuoto che tutti spesso proviamo ci rende eroi ma anche esseri simili a delle emerite mer..Ciao

  4. crystalbeach ha detto:

    Non credo che i giovani(a che età si può dire che uno è giovane?)d’oggi siano insofferenti e annoiati. Credo che siano vecchi, pronti per una bella casa di cura con piscina, infermiere e infermieri, negozi per fare shopping compulsivo. So che può sembrare assurdo quello che dico ma penso che sia nella convinzione di ciò che si vuole e in cosa si è disposti a sacrificare per arrivarci che si possa distinguere un essere libero da un vecchio/giovane o un giovane/vecchio. In fightclub, sia nel film che nel libro, il doppio anarchico dice al protagonista(giovane/vecchio?) che bisogna soffrire l’indicibile, arrivare a un punto tale di dolore per cui o muori o non lo senti più. Questo è il momento adatto a fare delle scelte perchè non si ha più paura di rischiare. Chi rimarrà sempre ligio al proprio dovere, seguendo non ciò che si vuole essere, ma ciò che gli altri hanno scelto che noi dobbiamo essere, sarà fottuto per sempre.

  5. lilith979 ha detto:

    uno dei rari casi in cui il libro mi è piaciuto di meno del film, che trovo soave. come hai ben scritto, aramcheck, tocca dei tasti dolorosissimi per tutti noi che non sappiamo adattarci alla mercificazione, di noi stessi in primis.
    La colonna sonora di f.c. (quella finale) è una delle più belle e coinvolgenti che abbia mai sentito, non so se avete presente.
    Il post di Lilith che citi (e il cui link riporta alla home page di qs blog) è per caso un mio post?

  6. virginia.magnolia ha detto:

    mi piace molto questo post.

  7. lilith979 ha detto:

    Nikolas Stavroghin non mi ha cagata, ma ho trovato una certa assonanza tra il suo post ed il libro che ho finito di leggere, ossia “i simulacri” di K.Dick. Quel romanzo mi ha discostato un pò dalle mie previsioni nichiliste riguardo al futuro per farmi immaginare un futuro iperreale, diverso da questo ma alla fine, la quintessenza di questo…Vabè, sono vaneggiamenti che volevo condividere…

  8. crystalbeach ha detto:

    Ciao Lilith come mai il libro di fightclub ti è piaciuto meno del film? Fa caldo ed è normale vaneggiare con P.K.Dick. I Simulacri non l’ho letto ma credo che prima o poi me li leggerò tutti quelli di Dick.

  9. lilith979 ha detto:

    Bah, forse un’insana passione per edward norton. forse la resa eccezionale dei colori dello squallore, che il film riesce a dare.
    fa caldo sì, bentornato dalla vacanza…..

  10. Aramcheck ha detto:

    @Uther: Rileggerlo dici? Beh, col senno di poi era meno matto di come lo fecero passare.

    @Prion: Cazzo c’avete il chiodo fisso tu e Crystalbeach ultimamente? ;)

    @Lilith: Il post era tuo e ora dovrebbe funzionare anche il link. Anch’io forse preferisco il film, ma i meriti di Palahniuk sono evidenti anche lì. Perchè sul parallelo con “I Simulacri” non ci fai un post?

    @Crystalbeach: Per sconfiggere la paura bisogna per forza soffrire l’indicibile?

    @Magnolia: Grazie. Parlavi anche tu in un vecchio post di Fight Club o ricordo male?

    Sparisco per una decina di giorni, saluti.

  11. crystalbeach ha detto:

    Nel libro ultimo pubblicato da Chuck – La scimmia pensa la scimmia fa – c’è una specie di trattato filosofico su Kierkegaard. Il filosofo danese che Chuck riprende per spiegare, secondo lui, cos’è la trasgressione, dice che l’angoscia altro non è che la consapevolezza di quello che ognuno di noi dovrebbe fare per dimostrare di essere libero, anche a costo di autodistruggersi. Data una regola, come tutte le regole potrà essere infranta. Nel momento in cui facciamo ciò che ci viene proibito dalla regola noi dimostriamo la nostra libertà anche se ciò potrebbe distruggerci. Fare ciò che ci viene proibito diventa inevitabile. La legge ci dice che il possibile non è possibile perchè illegale, quindi chi vive secondo la legge vive una vita non autentica. Si possono trovare milioni di ragioni per vivere in maniera non autentica la propria vita. Le colpe possono essere scaricate su qualsiasi cosa e l’individuo è bravissimo a inventarsi colpe e persone istituzioni o altro su cui scaricarle. Oppure possiamo fare come dice Kierkegaard il salto della fede. Smettere di vivere in reazione alle circostanze e iniziare a vivere per ciò che si vuole essere veramente. Tutto questo per dire che si può essere liberi solo affrontando le nostre angosce e questo è inevitabilmente la cosa più dolorosa da fare. In questo ci vedo anche qualche rimando all’oltreuomo di Nietzsche. L’oltreuomo è tale quando riesce a provare disprezzo per i suoi simili e questa è un modo d’essere che si può raggiungere solo facendo ciò che il filosofo danese ci dice. Credo che esistano anche altri metodi per arrivare a sentirsi liberi, ma credo anche che questo sia uno dei migliori perchè viviamo in una società che ci opprime con il senso di colpa e il superarlo affrontando le proprie angosce può finalmente liberarci da quella che è una delle armi più potenti oggi e sempre in circolazione, il senso di colpa. Forse non sono stato molto chiaro, fatemi sapere ciao.
    Si Lilith purtroppo vacanze finite, ma vacanze meravigliose ciao.

  12. prion ha detto:

    x crystalbeach – Ma perche’ nun te apri un blog tuo invece de intasa’ i messaggi de questo? Anche perche’ cosi possiamo chiacchierare delle nostre “merci” senza che aramcheck ci banni ;-)

  13. utente anonimo ha detto:

    >”merci” senza che aramcheck ci >banni ;-)

    Ecco un altro martire della liberta’ di stampa, che si batte contro la censura ;)

    by Aramcheck in Sagres (Portugal)

  14. prion ha detto:

    Facista! >:( Tra un po’ che fai, mi scrivi un post in cui penalizzi le “merci” leggere? Pensa se lo sapesse il TL… A proposito restamo che te vengo a pia’ all’aereoporto, mi rimandi i dettagli del volo?

  15. crystalbeach ha detto:

    Non sapevo che Aram fosse un fascista bannatore e censore ;-) comunque lo farò prima o poi il mio blog. Solo che mi devo organizzare un attimo perchè non ci capisco nulla di come si fa e ora non ho tempo ma tra settembre e ottobre comincerò. Promesso. Fino ad allora vi prego sopportatemi e non processatemi solo perchè parlo di come natura crea e non è cirio o solo perchè mando qualche risposta un pò più lunga. Sono piccolo e nero ecco…e tutti ce l’hanno con me ;-) scherzo ciao

  16. lilith979 ha detto:

    a me piace più l’unione che la frammentazione, ma è una mia semplice opinione. In quanto tale ha valore tassativo. ehehe ;)

  17. Aramcheck ha detto:

    Io fassista?
    No, come dice il sergente Hartman in Full Metal Jackets:
    “qui vige la democrazia: non conta un cazzo nessuno” ;)

  18. crystalbeach ha detto:

    Grande Lilith ;-)
    Aram quando dici nessuno intendi dire proprio nessuno, te compreso? ;-) prrrrrrr

  19. prion ha detto:

    Sapete che c’e’? Mi rimangio tutto, ho immaginato questo blog senza i commenti puntuali di Crystalbeach e ho capito che ci perderemmo tutti (pure il sergente Hartman). Pero’ Aram un po’ fassistello lo e’ sempre stato, ho ancora un vivissimo ricordo di lui ragazzino che di botto si taglia i capelli cortissimi modello skinhead… (vediamo se mo ti ricordi perche’ vecchio Jack ;) ).

  20. NickStavroghin ha detto:

    ho visto ora che mi hai citato. già che ci sono chiedo scusa anche a lilith per non averla cagata. ogni tanto il web mi dà il voltastomaco, e non è detto che sia un difetto.
    di palahniuk dico che è bravo ma è un gran furbacchione. con bret easton ellis non c’è confronto. ellis sa raccontare l’identità e la sua percezione molto meglio di palahniuk. per me Glamorama schiaccia Fight Club in un acquitrino merdaceo.

  21. Aramcheck ha detto:

    @Crystalbeach: Certo, ma come ogni forma democratica è formale, barcollante e revocabile ;)

    @Prion: Questo blog è in forma anonima: per l’aneddotica sulla mia infanzia ci saranno presto serate più adatte, per gli appuntamenti all’aereoporto ci sono le e-mail, per i cenni biografici, se tutto va bene, basterà un giorno un breve epitaffio.
    Poi dici a Crystalbeach :P

    @Stavroghin: Glamorama e American Psycho è da qualche mese che giacciono nella mia pila di libri da leggere, ti farò sapere. Ad oggi il mio preferito si chiama Pelevin.

  22. prion ha detto:

    … chiedo venia :'(

  23. lilith979 ha detto:

    ti perdono, Sig.Stavroghin, hai ragione da vendere a girare al largo dal web, qualche volta…
    American Psicho è stato l’unico libro che mi ha fatto rizzare i peli delle braccia: immagino che questa sia bravura (anche se la perversione l’aiuta).

  24. Aramcheck ha detto:

    Fight Club.[..] Chuck Palahniuk, pp. 223 Oscar Mondadori, Euri 8 Vidi il film appena uscito basandomi sulle regie precedenti di Fincher che giudicavo pellicole divertenti e ben fatte, e ne rimasi impressionato. Troppo impressionato. "Seven" e "The G [..]

  25. Aramcheck ha detto:

    Il commento precedente non l’ho scritto io, io non ero neppuire a casa quando è stato scritto.
    E’ la terza volta che succede, all’inizio avevo pensato ad un furto di password ora, dopo aver cambiato la password, non mi resta che pensare ad un errore del sistema… ma i tizi di splinder non mi rispondono alle e-mail.
    Vi faro’ sapere.

  26. lilith979 ha detto:

    Anche da me è comparso qs messaggio tra i commenti a “mezzestate calda”, ovvero il post che hai linkato sul tuo…mi sa che splinder sta scazzando.

  27. Aramcheck ha detto:

    Scoperto l’arcano è un “servizio” che splinder ci mette a disposizione il quale essendo in versione beta fa come cazzo gli pare. Si chiama trackback il suo meraviglioso funzionamento fa partire delle segnalazioni in automatico verso i post che linki direttamente. La stronzata che mi btrasforma in uno spammer è descritta qui dalla redazione:

    http://soluzioni.splinder.com/post/13300770#comment

  28. goodgod ha detto:

    grazie per il commento.. sei riuscito a “scovare” il mio blog prima ancora che lo rendessi noto..
    comunque.. in realtà io sono “l’uno”, mentre è “l’altro” quello che dice che questa è la generazione che ha paura del futuro.. personalmente io non ho paura del futuro.. in realtà io ho paura di questa generazione.

  29. AnnaDFrancia ha detto:

    Anch’io ero a Lisbona da sola il 23 luglio. Ma al Rossio…

  30. NickStavroghin ha detto:

    morto?
    a.d.f., anche tu qui?

  31. Aramcheck ha detto:

    > morto?

    No, soltanto in vacanza. Intanto, ho letto American Psycho . Bello davvero.

  32. simonebocchetta ha detto:

    american psycho, che hai appena letto, resta sulla falsariga del rappresentare quella generazione in quel modo, ma secondo me è anche più efficace, ragionando per iperboli.
    ciao

  33. utente anonimo ha detto:

    the fight club is only a mirror of our society alongside generic valtrex

  34. utente anonimo ha detto:

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